Per il mese di maggio abbiamo deciso di proporvi un testo di Anna Fogarolo, il quale si propone come guida per i ragazzi e per le ragazze nel vastissimo mondo del web e dei social. Siamo sicuri che la recensione di Luca, vi saprà orientare sulle caratteristiche di questo libro.
Buona lettura
link diretto al sito http://www.kultunderground.org/art/18343
I ragazzi di oggi sono particolarmente “svegli” agli occhi degli adulti, nell’uso di tutto ciò che appartiene al mondo degli smartphone, dei tablet e in generale del web.
Termini come “taggare”, “twittare”, “pinnare” sono ormai parole di uso comune tra le giovani generazioni, e sappiamo che l’uso dei social e delle chat coinvolge non solo le “giovani generazioni” dei ragazzi delle scuole superiori, ma riguarda, seppure in realtà spesso questo non sarebbe previsto dagli stessi social network, anche ragazzi più piccoli (dei primi anni delle scuole medie).
Se ci chiediamo, però, cosa intendere con questo “essere svegli” scopriamo che nei nostri ragazzi, a una comprovata dimestichezza “tecnica” nella capacità di muoversi nei mondi virtuali delle chat, dei social e delle applicazioni, in realtà corrisponde un’altrettanta evidente “fragilità” emotiva e una impreparazione manifesta ad affrontare i rischi che il web comporta.
L’ultimo libro di Anna Fogarolo, consulente per le attività di Ufficio Stampa Erickson, fotogiornalista, scrittrice di contenuti per alcuni noti portali e network, si propone come un buono aiuto per invogliare i ragazzi a vivere con maggiore consapevolezza quegli strumenti in cui sono letteralmente immersi fino a sostituire la realtà con il mondo virtuale.
Chi ha a che fare con adolescenti e pre-adolescenti sa benissimo come semplicemente i “gruppi whatsapp” producano centinaia di messaggi ogni giorno, intensifichino o banalizzino le relazioni e gli impegni, provochino, quando è peggio, malumori, litigi finanche atti di vero e proprio cyber- bullsimo.
L’autrice dimostra ancora una volta la sua grande competenza, già documentata con il bel testo “Do youspeakfacebook” (2013), circa il mondo del web, delle chat, delle applicazioni e dei social, insieme a una grande capacità divulgativa, che rendono i contenuti alla portata di tutti; mentre il testo del 2013 si proponeva, però, come una guida rivolta principalmente per insegnanti e genitori, la peculiarità di questo ultimo lavoro dell’autrice per la Erickson è quella di proporsi come rivolta direttamente ai ragazzi. Attraverso l’avventura di Luca, Lara e Matteo, nelle circa 120 pagine del libro, il lettore è chiamato a rivivere in filigrana la propria esperienza di “smanettone” ed espertissimo navigatore, che però impara la pericolosità dell’uso degli strumenti connessi a smartphone e tablet dai problemi che si vivono ogni giorno (basti citare gli episodi che vengono puntualmente riportati che riguardano le “prese in giro”, le mancanza di rispetto della privacy, la presenza di account falsi che ci spiano etc.).
Il testo si presenta come una divertente storia, divisa in dodici capitoli, a cui si aggiungono fumetti, quiz e proposte di attività laboratoriali, che trasformano ogni capitolo in un manuale semplice e completo sull’argomento; dando anche una semplice scorsa all’indice si nota che non viene dato nulla per scontato, ma si invita i ragazzi a comprendere anche termini che si reputano ampliamente conosciuti come la stessa parola “web”, fino ad arrivare alla spiegazione di strumenti di uso comune anche per gli adulti, come facebook, whatsapp, youtube, ma anche applicazioni estremamente recenti e di cui si “nutrono” pesantemente i ragazzi (instagram, pinterest, snapchat, shakechat etc.).
La prospettiva del libro è fortemente educativa: lontano dalle inutili accuse moraleggianti tipiche del “si stava meglio quando si stava peggio” (ma forse qualcuno potrebbe argutamente notare che non è il problema di tanti adulti di oggi che mancano anche di un adeguato controllo rispetto a un uso non mediato dello strumento dei social), lo scopo del testo è da un lato quello di aiutare i ragazzi a comprendere meglio quello che usano, dall’altra però anche quello di mettere in guardia dei rischi che si corrono.
In questo senso, molto utili sono i richiami a pensare che quello che si mette in rete rimane per sempre (e potrà essere consultato magari anche da chi domani ci chiamerà per un colloquio di lavoro o da occhi indiscreti di persone malintenzionate) perché anche se cancellato da un server può essere già rimbalzato in altri server di ogni parte del mondo; inoltre il testo più volte ricorda che quello che pensiamo di comunicare a una determinata persona, in realtà ha sempre la possibilità di essere intercettato, commentato, amplificato dai numerosi spettatori che circolano in rete.
Proprio perché la “rete” è un vero e proprio “villaggio-città” in cui i ragazzi si muovono, ho trovato, inoltre, molto interessante una seconda prospettiva del libro che è quella di educare a diventare “buoni cittadini digitali”: come in ogni città infatti la convivenza richiede regole di buon comportamento e correttezza, che sembra invece mancare a tanti giovani protagonisti della vita dei social network (anche qui il libro è ricco di esempi molto concreti, e purtroppo non sempre molto rispettati, come l’attenzione sempre a pensare prima di scrivere e a esprimersi in modo corretto e non aggressivo, non condividere informazioni altrui senza anche l’altrui permesso, evitare di pubblicare foto volgari e senza vestiti, tutelarsi nella privacy etc.).
Gli ultimi tre capitoli concludono il libro con un ampliamento che ha lo scopo di intavolare un dialogo con i genitori, spiegando tutta una serie di terminologie proprie dei nuovi strumenti di comunicazione (che forse qualche genitore più attempato potrebbe far fatica a comprendere), così come offrendo una serie di numeri di telefono utili, di libri o di siti a cui attingere per farsi un’idea e avere un approfondimento valido anche per gli adulti, oppure fornendo, in conclusione, suggerimenti pratici per gli adulti che riguardano sia i modi di tutelare la privacy, conoscere le leggi e soprattutto individuare i “campanelli di allarme” che possono essere segnali importanti da cui partire.
Sia che lo si intenda come una divertente storia da mettere in mano ai nostri figli, magari per rileggere episodi che a loro stessi sono capitati con compagni, a scuola, tra amici, sia che lo si intenda come un manuale raccontato come una storia, il testo “Il web è nostro” si presenta come un buono strumento di lavoro per intessere quel dialogo fra figli e genitori o insegnanti su temi così pervasivi come appunto l’utilizzo dei social che riguarda sempre più la crescita sana ed equilibrata dei minori.